Blasone
MUSEO ARCHEOLOGICO STATALE "VITO CAPIALBI"
IL MUSEO DI VIBO VALENTIA
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La sede museale è presso il Castello Normanno-Svevo, costruito nel 1070 da Ruggiero il Normanno e successivamente ampliato da Federico II e dagli Angioini. Dopo i danni di un terremoto alla fine del XVIII sec, fu utilizzato come prigione. Dal 1969 l'edificio ospita il museo intitolato al conte Vito Capialbi, illustre studioso ed archeologo ottocentesco vibonese che per primo raccolse nella sua casa una ricchissima collezione antiquaria.
L'attuale allestimento, in ordine topografico e cronologico, comprende materiale proveniente dai recenti scavi della città e della zona, oltre a nuclei antiquari otto-novecenteschi appartenenti a studiosi locali. La collezione è divisa in quattro sezioni principali: reperti dagli edifici sacri, dalle necropoli, dalle collezioni private e materiale d'età romana.
Oltre a oggetti d'età preistorica provenienti dalla zona, frutto di scavi di una capanna del neolitico e del rinvenimento fortuito di una spada del VIII sec. a.C. presso una tomba del VI sec. a.C., vengono al primo piano esposti i rinvenimenti dalle quattro aree sacre della città, di età magnogreca: i primi e più antichi reperti sono quelli della stipe votiva di contrada Scrimbia, databile dalla fine del VII sec. a tutto il V sec. a.C., consistente in ceramica corinzia, rodia e attica, anche di grande dimensione, bacili ed elmi bronzei, statuette votive e gioielleria di notevole qualità (orecchini, anelli, fibule, spilloni) in oro, argento e avorio.La stipe votiva di Cofino ha, invece, restituito in particolar modo alcuni pinakes di tipica produzione locrese e due modellini di tempietti particolareggiati in terracotta.
Al piano inferiore sono esposti i reperti rinvenuti nelIe necropoli, comprese tra la fine del VII sec. a.C. fino al IV sec. a.C.; pezzo forte è la laminetta aurea iscritta in dialetto dorico-ionico, attestante il culto orfico, rinvenuta in una tomba femminile databile tra il V e il IV sec. a.C. Sono incisi consigli per il defunto una volta raggiunto l'aldilà.
Segue la necropoli brettia di contrada Piercastello, contenente testimonianze della presenza dei bruzi nella zona (tesoretto di 867 argenti) e i nuclei antiquari privati, che espongono begli esempi di coroplastica (terrecotte arcaiche dal santuario di Scrimbia, antefisse a palmetta e a maschera silenica, sime dipinte) e ceramica (lekythoi attiche a figure rosse). Fra queste collezioni private spicca il monetiere Capialbi con i suoi rarissimi aurei locresi.
L'esposizione continua con materiale di età romana: oltre a reperti in ceramica sigillata africana e aretina, sono presenti statue di marmo (notevole il busto di M. Vespasiano Agrippa, genero di Augusto), altri reperti (tegole bollate, statuette) e gigantografie di mosaici pavimentali databili tra il III ed il IV sec. d.C., provenienti dalle terme romane presso Sant'Aloe. Per finire si segnala un bel mosaico pavimentale, d'età imperiale, con fontane e scene marine.